Il termine “infezione delle vie urinarie” definisce la presenza di sintomi irritativi delle vie urinarie associati a isolamento di microrganismi patogeni nelle urine.
Le infezioni acute non complicate delle vie urinarie comprendono le infezioni delle basse vie urinarie (cistiti, uretriti, prostatiti) e delle vie urinarie superiori (pielonefriti, cistopieliti).
La cistite si definisce come infiammazione acuta o cronica della vescica urinaria in genere causata da un’infezione batterica o, più raramente, da traumi o agenti esterni (ad esempio radioterapia).
Si definiscono “non complicate” le infezioni vie urinarie che occorrono in un apparato urinario morfologicamente e funzionalmente indenne ed in assenza di specifiche comorbidità.
Si definiscono “complicate” le infezioni che si manifestano in soggetti a particolare rischio di complicanze (bambini, donne gravide, soggetti immunodepressi, diabetici, cateterizzati, con alterazioni anatomiche o funzionali dell’apparato urinario, insufficienza renale, uropatia ostruttiva, vescica neurologica)
Le UTI non complicate sono infezioni molto comuni. Circa il 30% delle donne tra i 20 e i 40 anni ne hanno sperimentato almeno un episodio.
INFEZIONI VIE URINARIE: BATTERIURIA ASINTOMATICA
La batteriuria asintomatica (presenza di batteri nelle urine senza sintomatologia urinaria quale dolore, bruciore) è comune ed è di rado associata ad esiti avversi.
Lo screening o il trattamento della batteriuria asintomatica non è raccomandato nelle donne in età fertile, non gravide, nelle persone anziane o nei pazienti cateterizzati.
EZIOLOGIA
L’infezione avviene attraverso l’uretra o per contiguità dall’interno di batteri per lo più di origine intestinale.
E’ un’infezione molto più comune nelle donne che nell’uomo per la brevità relativa dell’uretra femminile che espone alla risalita di germi.
Lo spettro di agenti patogeni è sovrapponibile per le UTI non complicate del tratto urinario superiore ed inferiore, con Escherichia Coli come patogeno responsabile del 70-95% dei casi e Staphylococcus saprophyticus, epidermidis e fecalis in circa il 10-15%. Occasionalmente vengono isolate altre Enterobacteriacee come Proteus Mirabilis e Klebsiella spp. o gli enterococchi (soprattutto nelle colture positive a più microrganismi, segno di contaminazione).
I SINTOMI possono essere:
Pollachiuria: aumentato numero di minzioni con una ridotta quantità dell’urina per ogni minzione.
Disuria: difficoltà ad urinare
Stranguria: dolore o bruciore durante la minzione, a volte accompagnato anche da brividi e freddo
Dolore soprapubico
Tenesmo vescicale: bisogno urgente di urinare e sensazione di non aver svuotato del tutto la vescica
Possibile sangue nelle urine
Febbre: se l’infezione risale verso le alte vie urinarie ci può essere febbre elevata e con brivido
La diagnosi, suggerita già dalla clinica, si basa principalmente su esame chimico fisico delle urine con sedimento urinario e sull’urinocoltura con antibiogramma.
Può essere utile la spermiocoltura nei casi in cui si sospetti una infezione delle vie seminali. In casi di secrezioni colorate e/o maleodoranti suggerisco l’esecuzione di un tampone uretrale, mentre il test di Stamey è utile per la diagnosi di infezioni croniche.
La terapia è antibiotica, preferibilmente mirata alla contenzione dell’agente patogeno isolato (più sensibile ad un antibiotico piuttosto che ad un altro), inoltre possono essere efficaci anche integratori che contengono principalmente prodotti naturali quali D-mannosio, cranberry, uva ursina.
Spesso i batteri intestinali possono raggiungere per contiguità l’apparato urinario, o attraverso le vie linfatiche e solo correggendo l’equilibrio intestinale tra flora batterica “buona” e patogena ed eliminando quindi il serbatoio di batteri pericolosi che alimenta questo ciclico ripetersi di infezioni, sarà possibile eliminare una delle causa di gran lunga più frequenti delle infezioni delle basse vie urinarie.
Se non viene eliminata la disbiosi quindi, ogni antibiotico avrà un effetto momentaneo sulla vescica, senza trattare l’origine del problema ma andando a incrementare la resistenza dei batteri patogeni intestinali, quando essi siano in numero eccessivo.
Vengono usati in tal caso fermenti lattici e probiotici.
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